Di Maria Antonietta Spanu

Per tre giorni, dal 13 al 15 luglio, a Roma durante il Summit mondiale del gruppo G20, “ministri, esperte, scienziate, imprenditrici, attiviste di Women20” si sono susseguiti al W20 (Women 20, o “il G20 delle donne”, come viene chiamato sui giornali) per costruire “una nuova visione del mondo con lo sguardo di donna”.Lo racconta su Repubblica (14/7/2021) una Linda Laura Sabbadini1 possibilista sul tema cambiamento e a tratti persino entusiasta, lei che si esprime sempre con la misura e l’attenzione che si capisce le vengono dal doversi confrontare quotidianamente con numeri e dati.
“La sensazione è che qualcosa sta cambiando”, afferma. Il cambiamento “è possibile”, continua, a condizione che si sviluppi la sorellanza tra le donne, che ci sia un cambiamento da parte degli uomini, che si abbatta la resistenza culturale al percorso verso l’uguaglianza di genere, che ci sia coerenza nelle azioni politiche dei governi e del G20. Considerazioni che in parte coincidono e in parte si aggiungono a quelle contenute nei cinque punti strategici elaborati dal W20, l’engagement group da lei presieduto.
I cinque punti sono raccomandazioni ai governi perché si impegnino a produrre un cambiamento di prospettiva (“Le donne non sono persone svantaggiate da includere. Sono la metà del mondo”) e a combattere il monopolio maschile nei ruoli apicali; a incentivare la crescita professionale delle donne, e a eliminare il gender gap digitale; a finanziare interventi contro la diffusione degli stereotipi di genere; a combattere la violenza contro le donne; ad adottare un approccio di genere che tenga conto dell’intersezionalità.

Eh sì! Proprio una bella sfida culturale, oltre che economica!

 

1Linda Laura Sabbadini è direttrice dell’ISTAT. Firma i suoi articoli su Repubblica come ‘direttora’.