25 novembre Giornata contro la violenza sulle donne
Indetta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, la Giornata contro la violenza sulle donne commemora le sorelle Mirabal, attiviste politiche della Repubblica Dominicana che il 25 novembre del 1960 furono bersaglio di un attacco da parte degli agenti del Servizio di informazione militare. La celebrazione è motivo in primis per ripetere i numeri del fenomeno. Uno studio delle Nazioni Unite ha evidenziato che ogni giorno nel mondo si verificano 137 femminicidi. Nel 2022 ogni ora 5 donne sono morte per mano di partner, ex partner o familiari.
La violenza è multiforme e si manifesta in modalità diverse: aggressioni fisiche, percosse, violazione del corpo e abusi sessuali, ma anche condizionamento psicologico e minacce. In alcune realtà, la violenza di genere si esprime attraverso il controllo delle donne, la limitazione della loro libertà di movimento e il divieto di disporre autonomamente di mezzi economici. Vale a dire che la violenza di genere coincide con forme estreme di controllo sulla vita delle donne e può arrivare a concretizzarsi nell’atto estremo del femminicidio. Nella tipologia delle violenze di genere rientrano, quindi: atti persecutori, stalking, divieto di lavorare fuori dall’ambiente domestico, divieto di possedere un patrimonio, aborto selettivo, mutilazioni genitali, matrimoni coatti, senza tralasciare omicidi, stupri e istigazione al suicidio. I numeri che abbiamo a disposizione, senza considerare la parte sommersa del fenomeno, sono impressionanti e rendono perfettamente l’idea della gravità e dell’emergenza sociale che stiamo vivendo e che va affrontata. Inoltre, non bisogna dimenticare che dietro a questi numeri ci sono storie di donne vere che ogni giorno, in tutto il mondo, subiscono violenza e vengono uccise.
Da Masha Amini, una giovane donna di soli 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, picchiata a morte il 16 settembre 2022 perché indossava male il velo, a Giulia Cecchettin anche lei ventiduenne di Vigonovo, provincia di Venezia, trovata uccisa il 18 novembre 2023 per mano del suo ex-fidanzato, solo per citare due dei femminicidi che negli ultimi anni hanno particolarmente scosso la coscienza collettiva e che per collocazione geografica tagliano trasversalmente il nostro globo esattamente come trasversale è il fenomeno della violenza sulle donne.
Per fare un focus sull’Italia, secondo l’Istat, nel 2023 ci sono stati 105 femminicidi, di cui 85 in ambiente familiare/affettivo e nei primi tre trimestri sono state 30.581 le richieste d’aiuto arrivate tra telefonate e messaggi via chat al 1522, la linea nazionale antiviolenza e stalking. Un numero allarmante, e molto più alto rispetto alle 22.553 registrate nel 2022. Più della metà (64,5%) delle donne che si sono rivolte all’1522 nel 2023 riporta di aver subito violenze per anni, il 25,5% per mesi. Il 24,8% di loro ha paura di morire oppure teme per la propria incolumità o quella dei propri cari. (Per approfondimenti Istat.it – Violenza sulle donne).
E’ importante parlare di femminicidio e di violenza sulle donne ma è ancor più necessario portare l’attenzione sulle diseguaglianze di genere, le discriminazione e il gender gap perché come scriveva Michela Murgia, nel gennaio 2021, su Repubblica: “Occuparsi della violenza e non della discriminazione significa però sempre arrivare troppo tardi. Per questa ragione nei luoghi in cui si lotta contro la violenza alle donne il termine femminicidio non definisce solo la morte, ma anche la mortificazione delle donne. La morte fisica è infatti possibile solo dove è già stata consentita la mortificazione civile, cioè tutte le negazioni di dignità fisica, psichica e morale rivolte alle singole donne in quanto tali e alle donne tutte nella loro appartenenza di genere”.
Gabriella Magistro